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Giorno 4: Un tuffo nel giappone più semplice

Un tuffo nel giappone più semplice
E anche per oggi sveglia presto, anche se, alloggiando a 15 minuti a piedi dalla stazione e non dovendo portarmi dietro bagagli, risulta tutto è molto più rilassante. Proprio per prendermela comoda ho prenotato lo Shinkansen delle 7.45, ma arrivando in stazione con largo margine d’anticipo decido di far cambiare la prenotazione su quello delle 7.29 in modo da poter prendere la coincidenza a Nagoya con maggior calma. Alla fine, visto il tempo speso per il cambio prenotazione, devo affrettarmi per prendere il treno al volo e quindi saltare la colazione... o almeno fino a Nagoya dove ora avrò del tempo da buttare. Nel breve tratto tra Kyoto e Nagoya mi godo il paesaggio delle campagne fuori Kyoto notando deliziosi particolari.

Alle 8.40 sono sull’Hida View per Takayama con il mio Dorayaki e il mio Caffelatte da viaggio.  L’Hida View è un treno espresso (ma non superveloce)  molto comodo e con vetrate pulite e grandissime che permettono di ammirare il paesaggio durante il viaggio. Una voce ti avverte pure se c’è qualcosa di una certa rilevanza da ammirare.
Per quasi tutto il viaggio il treno costeggia il fiume Hida tra vallate, dighe e paesaggi rurali lasciando scorrere piacevolmente le 2 ore di viaggio.

Arrivato a Takayama ho già un mio itinerario più o meno definito dato che sono già le 11 e il treno del ritorno mi aspetterà sul binario solo fino alle 16.45. Così mi allontano spedito dalla stazione per dirigermi sul lato più tradizionale della cittadina dove, fino a mezzogiorno, ci sono dei mercatini  sulla riva del fiume. Questi mercatini offrono originali prodotti artigianali e generi alimentari, ma purtroppo non mi resta molto tempo per godermeli con la dovuta calma dato che, da lì a poco, non ci sarà più nulla. 
E infatti, quando raggiungo il secondo mercatino, trovo soltanto gli ultimi banchetti intenti a smontare tutto. Però, lì a pochi passi c’è un piccolo baracchino permanente che attira molto l’attenzione degli abitanti del posto, di gruppetti di studenti e del sottoscritto. Si tratta di una signora che offre, alla modica cifra di 70 Yen (circa 50cent), dei Dango (i classici spiedini di mochi) grigliati con salsa di soia.
Non posso non assaggiarli prima di iniziare il mio giro tra le viette del centro storico, caratteristiche per gli edifici originali mantenuti dall’epoca Edo e ora adibiti a negozietti. Girare tra questi negozi è piacevolissimo, e nonostante si tratti di attività commerciali principalmente indirizzate ai turisti, nel pieno spirito giapponese, mai nulla ti dà una sensazione di finto o fuori luogo.
E’ incredibile questa dote tutta giapponese di saper sempre creare la giusta armonia anche dove c’è un vistoso contrasto fra le cose: tradizione con modernità, buffo/kawaii con serio/istituzionale, patrimonio artistico con commercialità. L’atmosfera all’interno di questi negozi ti fa sentire in un’altra epoca: le luci sono sempre soffuse, tanto che sembrano filtrare dall’esterno (pur mantenendo sempre la giusta illuminazione sui banchetti dove sono esposti i prodotti) e anche dove si ammassano più turisti c’è sempre un clima di calma e serenità.
Si tratta prevalentemente di botteghe artigianali, distillerie di sake, ristorantini o venditori di cibo da passeggio. Tra questi c’è anche una venditrice di sushi di carne dato che la carne di manzo è una delle specialità della zona di Hida.
E’ già passato mezzogiorno e devo organizzare le tempistiche per i miei prossimi obiettivi: i templi della zona est e il villaggio tradizionale a ovest della città. E’ difficile organizzarsi coi tempi quando ancora non sai bene cosa aspettarti dai luoghi che stai per visitare e hai sempre il terrore di dedicare i tempi sbagliati all’una o all’altra cosa. Intanto comincio ad incamminarmi verso Nord dove trovo il primo tempio: il Santuario Sakurayama Hachimangu e quel sakurayama mi lascia intendere che sarebbe interessante tornare a visitare questo posto durante l’hanami.
La cosa che più mi colpisce è la quasi totale assenza di turisti e tutte le volte che mi accade una cosa del genere provo una sensazione particolare che mi fa sentire come il padrone del posto e mi stimola a viverlo con maggiore curiosità. Così inizio a curiosare un po’ in giro e scopro sentieri e scalinate che portano nel cuore del boschetto in cui è immersa la struttura sacra. Continuo a scalare i sentieri e siamo solo io, il verde intorno a me, qualche parte del santuario di cui si intravede solo il tetto e, fra un albero e l’altro, è possibile ammirare l’intera cittadina dall’alto della collina.
Mi sposto verso l’area dei templi di Higashiyama e mi rendo conto di come, dopo la camminata di ieri, le distanze mi appaiano decisamente più brevi.
Sarà che nel frattempo si son fatte le 13 ma anche qui è tutto deserto.
Mi limito ad un giretto nella struttura principale dei primi templi e tra i cimiteri nascosti nei boschi dietro di essi prima di tornare verso la stazione dove conto di prendere il Bus delle 14 per l’Hida no Sato.
Sulla strada mi fermo per prendere una bibita energetica di Dragonball (essì, mi son fatto abbindolare come un pollo dai disegni sulle lattine :D ) e poco più avanti un nikuman da una simpatica vecchina. Ma non un semplice nikuman, ma più buono mangiato nella mia vita: con la pasta morbidissima che si scioglie in bocca e la carne con un fantastico retrogusto dolciastro. Oishiikatta desu! La signora è carinissima e mi spingo a provare un minimo di conversazione in Giappone (ovviamente ridotta all’essenziale per ordinare, pagare, complimentarmi e farmi dare un fazzoletto perché mi sto ustionando le mani :D)
Arrivo in stazione dove, per la modica cifra di 900 yen (circa 7 euro) acquisto un kit che include il biglietto d’ingresso all’Hida no Sato e due biglietti dell’autobus per il viaggio di andata e di ritorno. Alle 14.15 sono all’ingresso.
Appena entrato resto completamente spiazzato! Tutto è completamente diverso dalle aspettative che mi ero fatto su quel posto. Mi aspettavo ad una sorta di aerea semi-abbandonata e recintata un po’ come una zona archeologica con accesso solo a chi si occupa dei restauri e invece mi trovo di fronte ad un … parco dei divertimenti!

Ma non fraintendetemi, non si tratta di un triste parchetto a tema con quelle fasulle riproduzioni in plastica e cartapesta, belle da vedere solo in lontananza, ma una vera e propria ricostruzione di un intero e originale villaggio giapponese fatto trasportando gli edifici originali da diverse aree della regione di Hida!

All’interno dell’area è possibile trovare tutte le tipologie di strutture che formano un villaggio: dal mulino alla lavanderia, dalle stalle al santuario per un totale di 30 diversi edifici. Ma la cosa che lascia ancora più sorpresi che non si tratta di un freddo museo a cielo aperto ma è possibile viverlo immergendovisi all’interno e interagendo con esso. E così possibile entrare nelle case (togliendosi rigorosamente le scarpe), suonare la campana o sperimentare giochi originali come il kendama (il martelletto con la pallina di yattaman per intenderci) o la koma (la trottola da lanciare avvolgendovi una corda intorno). All’ingresso vi viene anche fornito un ombrellino originale in legno per ripararsi dal sole. Unico piccolo neo (ma che ne rappresenta anche una garanzia di qualità) è stato il fatto che, per quanto ci fossero stati solo 2 o 3 turisti in totale, c’erano anche 2 o 3 intere scolaresche di bambini in gita d’istruzione.

Sono le 15.30 e per non rischiare di perdere l’autobus mi reco verso l’uscita.


Tornato in stazione ho ancora un’oretta prima della partenza del mio treno e così decido per un ultimo giretto nella zona delle botteghe e qui comincio a rendermi conto di fare seriamente fatica a camminare e che il dolore ai piedi si fa sempre più forte ad ogni passo. Tornato in stazione, prendo una bottiglia di thè (che poi scopro essere all’orzo -_- ) e mi metto ordinatamente in fila sulla banchina in attesa del momento in cui potrò comodamente sedermi sulle poltrone del treno. E qui faccio quello che fino a quel momento avevo evitato: togliermi le scarpe in treno. Non avrei voluto ma era necessario e oltretutto scopro di avere una dolorosa vescica sul tallone destro. E dire che, prima di partire, mi ero preso un paio di scarpe da corsa nuove, anche se non di fascia alta; ma pensavo che per camminare sarebbero state molto più che sufficienti! Ho imparato la lezione e al prossimo viaggio darò priorità ad un paio di scarpe da corsa professionali!
E come se non bastasse mi accorgo anche di scottare ed essere di color rosso aragosta in faccia e sulle braccia!
Arrivo a Nagoya che sono ormai le 19 e alle mie magagne si aggiunge pure l’abbassamento di temperatura esterna. Così mi rifugio in una sala d’attesa e comincio a preoccuparmi al pensiero del tratto di strada che dovrò fare un’ora più tardi dalla stazione al Ryokan. Fortunatamente mi ricordo di avere un K-Way portato per eventuali piogge e quello mi salverà la vita dal vento gelido in quei 20 minuti di strada a passo lentissimo.

Sono a pezzi ma non posso passare un’altra serata chiuso in Ryokan, e quindi provo a cambiarmi le scarpe (anche se le All Star sono decisamente meno comode, magari la forma differente mi farà sentire meno la vescica) e mi incammino sofferente verso la zona a nord di Kyoto dove la sera c’è più vita.
La mia lentezza, unita alla proverbiale indecisione, rischia di farmi restare senza cena e così mi infilo in un ristorante qualunque dove mi avvisano che devo ordinare al volo perché dopo mezz’ora avrebbero chiuso. E così, dopo la fatica nell’ordinare (e ancora non capisco dove fosse il problema nel capire cosa volessi dato che hanno chiamato 3 persone per richiedermi la stessa cosa) mangio 2 veloci porzioni di Yakitori, una tempura di polipo e una bella Asahi fresca.

Non mi spingo più a nord di così ma comincio a tornare indietro verso il Ryokan per decretare la fine di quest’altra massacrante giornata con i miei piedi che ad ogni passo implorano pietà.



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