Dopo tutte quelle ore senza sonno sarebbe stato anche sensato farsi
una bella dormitina ristoratrice … ma perdio, sono a Tokyo e come diceva
Bon Jovi qualche anno fa: “I’ll sleep when I’m Dead” … o perlomeno
quando sarò tornato nella noia milanese! E così sveglia non più tardi
delle 8 e anche se un po’ stordito e rallentato mi infilo in doccia.
Tra
doccia, capelli, e risistemazione della camera mi ci vuole quasi un ora
e mezza per uscire dal Ryokan. Ma non ci lamentiamo, poteva andare
molto peggio.
Programma? Dunque, abbiamo un’altra giornata
coperta con il biglietto della Tokyo metro, quindi è il caso di
approfittarne per fare giretti cittadini. Siccome nel mio primo viaggio
ero stato pochissimo ad Akihabara, decido che quella sarà la prima
tappa. Ma la prima vera tappa è lo starbucks fuori dalla stazione della
metro dove per un attimo me ne frego dello scorrere del tempo e mi godo
una bella mezzora di lenta colazione.
Ecco, questa potrebbe
sembrare una perdita di tempo, ma per come ho immaginato la mia vacanza
in questi anni non lo è affatto! Ok, son pur sempre un turista con
macchina fotografica al collo, ma il mio scopo principale era quello di
tornare a vivere e respirare il Giappone per qualche giorno.
Restare seduti in uno Starbucks osservando la metropoli che vive fuori dalle vetrate del locale mentre tu assapori tutte le piccole cose che ti circondano, ti fa sentire come se anche tu facessi un pochino parte di essa. E questo è il massimo che posso chiedere. Anzi, ancora meglio è respirare la simpatia e la cordialità giapponese scoprendo che la ragazza al bancone ti ha scritto “thank you” e disegnato una faccina sul bicchiere del tuo Frappuccino.
Restare seduti in uno Starbucks osservando la metropoli che vive fuori dalle vetrate del locale mentre tu assapori tutte le piccole cose che ti circondano, ti fa sentire come se anche tu facessi un pochino parte di essa. E questo è il massimo che posso chiedere. Anzi, ancora meglio è respirare la simpatia e la cordialità giapponese scoprendo che la ragazza al bancone ti ha scritto “thank you” e disegnato una faccina sul bicchiere del tuo Frappuccino.
Ma quanto siete kawaii anche nei piccoli gesti.
Ma per quanto sia bello restare qui, meglio anche mettersi un pochino in moto e incominciare a curiosare in qualche negozio a caccia di chicche e bizzarrie di questo lato di Giappone. L’inizio è piuttosto buffo e imbarazzante: convinto di infilarmi in un grosso negozio di abiti e accessori per cosplayer mi ritrovo invece in un sexy shop di 5 piani. Fuori di lì incomincio a girare senza una meta precisa in tutti i posti che mi ispirano o incuriosiscono al mio passaggio: una delle tanti sale giochi della Sega, un Book Off, negozi di manga e gadget, fornitissimi negozi di retrogaming con la musica di Zelda (versione originale 8bit) in sottofondo.
Ma dopo qualche negozio realizzo che anche
questa mia seconda visita ad Akihabara non sarà tanto diversa da quella
di anni prima. E’ impossibile visitare un posto del genere in così poche
ore. Per esplorare un così elevato numero di piccole attività
commerciali ammassate una di fianco all’altra, ma soprattutto, una sopra
all’altra e all’interno delle quali devi spostarti tra angusti corridoi
con tonnellate di merce diversa, ci vorrebbero intere giornate.
L’unica
cosa sensata da fare è godersi quell’atmosfera così viva, tutti quei
suoni, tutte quelle persone, le ragazze in costume che cercano di
tirarti dentro i Maid Cafè e buttare l’occhio tra gli scaffali dei
negozi sperando di avere la fortuna di scovare qualche imperdibile
chicca quando meno te l’aspetti.
Intanto, tra un negozio e
l’altro è quasi pomeriggio e quindi mi sposto verso la stazione della
metro in direzione di Shibuya. Ancora non mi è chiaro quale sia per me
l’attrattiva di Shibuya, però dentro di me la vedo come una tappa
irrinunciabile. Fare il bagno di folla, fermandosi di fronte
all’incrocio più famoso del mondo e osservando le pubblicità sui
megaschermi dei palazzi, ti regala un contrasto di emozioni difficili da
spiegare. In parte ti fa sentire pienamente immerso di quel mondo e
quindi parte di esso, e in parte ti da invece la sensazione che questa
sia solo un’illusione facendoti sentire così estraneo e ancora più
gaijin che mai.
E poi per me Shibuya è anche Hachiko e lo è da molti anni prima che
fosse reso famoso dal film con Richard Gere. Ricordo ancora come, molti
anni prima di mettere piede a Tokyo per la prima volta, sognassi di
trovarmi in quel punto di riferimento della città che per il giapponese
non ha mai cambiato il suo significato e non è mai stato attrazione
turistica.
Superato questo momento iniziale di
contemplazione e visite obbligate, comincio a girare per la zona quando
mi accorgo che sono quasi le 3 e non ho ancora mangiato. Mi fermo così
in un locale di Ramen (di quelli dove si fanno le ordinazioni dalla
macchinetta automatica) e mi rendo conto di un altro mio piccolo limite:
non riesco ad azzardare troppo a livello culinario se non sono in
compagnia di qualcuno che mi guidi nella scelta. Scelgo quindi il più
classico dei Ramen senza sperimentare cose strane, e dopo aver finito
quel saporito ciotolone, continuo il mio giretto per il quartiere. Nei
miei ricordi, da queste parti ci dovrebbe essere un negozio dell’Haagen
Dazs, e quella sarebbe stata la tappa successiva se non scoprissi
(tristemente) che l’ultimo di quei negozi sul territorio nipponico ha
chiuso pochi mesi prima.
Continuo così a camminare e la mia
attenzione viene catturata da un centro commerciale il cui nome mi suona
familiare. Mi metto così a leggere la targa delle attività e mi fiondo
agli ultimi piani dove si trovano cose molto originali tra cui: un
negozio di One Piece che occupa un quarto di tutto il piano e un altro
negozio che assomiglia molto al negozio che avrei sognato di aprire
qualche anno fa di abbigliamento e accessori a tema anime/game. Faccio
anche un salto anche al piano superiore dove posso ammirare ( purtroppo
da chiuso a quell’ora) il Resident Evil Cafè.
Prima che si
faccia troppo tardi, mi incammino verso Harajuku passando per il parco
Yoyogi. Siamo in un normale martedì pomeriggio, e non essendoci quindi
cosplayer o personaggi curiosi da ammirare, mi dirigo direttamente a
Takeshita Dori per godermi quella che può essere definita l’equivalente
nipponico della londinese Camden Town.
Qui
è un viavai di ragazzi e un susseguirsi di negozi prevalentemente di
abbigliamento dal design molto originale per giovani che amano osare e
distinguersi dalla massa. In effetti una cosa che salta molto all’occhio
girando la città è come tutti vestano in modo simile e seguendo le
tendenze del momento. Di cose interessanti ce ne sono molte e i prezzi
non sono esattamente economici (ma il più delle volte non proibitivi e
anche sotto lo standard italiano). Inoltre, essendo solo al secondo
giorno, non mi è decisamente concesso di fare acquisti d’impulso troppo
azzardati. Mi limito a passeggiare e osservare.
Qui, un ragazzo
dal look molto rockettaro mi ferma in strada e m’invita a seguirlo nel
suo negozio di abbigliamento dark/rock/punk.
Per chi no lo
sapesse, il modo di concepire l’attività commerciale in Giappone è
piuttosto diverso dal nostro. Qui in Italia siamo abituati ad un numero
limitato di negozi, spesso con più vetrine sulla strada per farsi
notare. In Giappone i negozi sono molti di più e molto più nascosti! Può
anche capitare molto spesso che un’attività commerciale si trovi
all’interno del terzo piano di un edificio, cosa per noi concepibile
solo se si tratta di uno studio medico/dentistico/notarile ecc...
E
così se quel ragazzo non mi avesse corretto per ben 2 volte, io nel
seguirlo, sarei finito in un ben 2 negozi suoi concorrenti!
Ma era
inevitabile e così, guardando la merce esposta, mi ritrovo senza
accorgermene in un negozio concorrente dove una signora attacca bottone e
scopro essere una stilista. Mi dice di essere vissuta a Londra in
gioventù dove aveva studiato e si era fidanzata con un ragazzo italiano
di nome Lorenzo. Oggi disegna abiti per musicisti della scena J-Rock
giapponese e mi mostra con orgoglio le foto degli artisti appese alle
pareti del negozio. Ah scusate, parlando di negozio credo che quello che
si è configurato nel vostro immaginario non sia corrispondente alla
realtà: stiamo parlando di un angolo di pochi metri dove la sola
presenza di una terza persona avrebbe reso impossibile qualunque
spostamento!
Finisco di girare tutta Takeshita Street e si fanno
le 6. Orario ottimale per farsi una delle deliziose creepes arrotolate a
mo’ di cono da passeggio che vanno tanto di moda da quelle parti. Opto
per una con fetta di cheesecake, gelato alla crema, caramello e granella
(slurp :9 ) e mi fermo a mangiarla seduto su un muretto non molto
distante. Qui noto un cartello che invita a non entrare sul territorio
sacro con il cibo e quindi scopro l’esistenza di un piccolo tempietto a
pochi passi da lì dove resterò a fare qualche foto fino alle 19.
Ma
è tardissimo e devo ancora andare in stazione per prenotare il mio
posto sul treno e attivare il Japan Rail Pass per il giorno dopo!
Scappo quindi nella vicina metro di Meijijingumae e mi dirigo verso la
stazione di Tokyo, dove arrivo all’ufficio per l’attivazione del Japan
Rail qualche minuto prima della chiusura. Sbrigato il tutto posso
tornare al Ryokan.
Nonostante la stanchezza vorrei tanto
uscire, ma il buon senso mi dice che, vista l’ora attuale e la sveglia
del giorno dopo (fissata per le 6) sarebbe opportuno uscire solo a
mangiare qualcosina in zona. E così faccio: un veloce donburi in un
locale non troppo distante e poi di nuovo in camera per un matcha caldo e
a preparare per i bagagli per il trasferimento del giorno dopo verso
Kyoto!
2 commenti:
Daje amicoooooo!
Ho scovato pure quel micro Kappa e so morta :D
Ahahahahah
Il micro Kappa è stata una delle prime cose che ho aggiunto XD
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