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Giorno 6: Volpi, Torii e vecchi amici

Volpi, Torii e vecchi amici
E’ l’ultima giornata a Kyoto e volevo investirla per vedere l’unico tempio che non avevo visitato nel corso mio primo viaggio: Il Fushimi Inari Taisha.
Sveglia verso le 8 per finire di preparare i bagagli, fare il check-out e lasciare la valigia in custodia al Ryokan fino all’orario di prendere il treno. Vorrei fare la mia solita sosta mattutina da starbucks ma, forse complice il fatto che sia un sabato mattina, il numero di persone in coda mi rende proibitiva la cosa e quindi mi dirigo direttamente in stazione dove farò colazione con un frullato fresco di fragola … buono! :9
Un paio di fermate di treno ed eccomi arrivato alla stazione di Inari che si trova proprio di fronte all’ingresso del santuario. E così comincio a girare per la struttura facendo foto e video qua e là.
Mi colpisce subito l’angolo dove si appendono le tavolette ema con le preghiere, che in questo caso sono dei veri e propri Torii rossi in miniatura. Non avrei mai pensato di lasciare un messaggio, ma la particolarità e la bellezza dell’immagine di tutti quei piccoli Torii appesi mi spinge a lasciarne anche uno tutto mio e sul quale inciderò (in giapponese) il mio desiderio di tornare.
Posso ora riprendere la mia visita a questo santuario delle volpi. Volpi che la fanno da padrone in questa prima parte della visita riproponendosi un po’ ovunque e in varie forme:  statue di bronzo, di pietra,  colorate di bianco, ecc.
Ma è procedendo che si arriva a quello che è il vero elemento peculiare di questo meraviglioso complesso sacro: i lunghi corridoi di torii.

Sempre per il fatto che si tratta di un sabato mattina, il numero dei visitatori è piuttosto elevato e tutti vogliono farsi una foto ricordo in mezzo a quelle interminabili colonne di portali rossi. Inizialmente penso che non riuscirò mai a portarmi a casa una foto decente e senza qualche cumulo di turisti nelle solite e scontate posizioni.
Ma, una volta imparato a conoscere cosa mi trovo realmente davanti, capisco che le mie preoccupazioni erano totalmente infondate. Inizialmente credevo che il complesso fosse relativamente piccolo e con un 3 o 4 di queste lunghe file di torii. Scopro invece che stiamo parlando di molti sentieri lunghi diverse centinaia di metri che salgono verso la montagna retrostante congiungendo le varie parti della struttura.  
Tutti questi sentieri sono interamente ricoperti con migliaia e migliaia di questi Torii ricevuti in donazione nel corso degli anni. Il percorso è così immenso che, dopo essere salito per diverse centinaia di metri (penso si potesse anche già parlare di kilometri) si raggiunge un punto con tanto di cartina che indica di essere all’inizio del vero percorso e dove vengono anche venduti (per pochi Yen) dei bastoni di bambù per aiutarsi nella scalata! Viste le mie precarie condizioni fisiche e non sapendo quanto ci avrei poi messo per tornare indietro, decido di abbandonare alla 4 tappa del percorso e tornare indietro. Ma anche scegliendo questo percorso ridotto ho ugualmente la soddisfazione di curiosare in giro scovando sentieri che portano a scoprire diversi piccoli santuari o altari dedicati a varie divinità.
Il percorso in discesa verso l’uscita sembra interminabile e mi conferma l’immensità di questo meraviglioso complesso.
Alla fine della visita mi viene spontanea una domanda: ma com’è possibile che anni fa, avendo visitato decine e decine di templi dell’area di Kyoto (quasi tutti) mi sia sfuggito proprio uno di quelli (a mio parere) più belli e particolari in assoluto?
Prima di tornare alla stazione mi fermo per pranzare in un piccolo locale sulla strada. Si tratta di un ristorantino molto alla buona, decisamente a conduzione familiare e per metà allestito con i tavoli bassi e i tatami come pavimento. Un modo come un altro per  godere dell’immersione nella cultura nipponica… e per mangiare scomodamente :D  Ma il vantaggio di mangiare in quella saletta tradizionale è però anche quello di poter fare una pausa togliendomi (obbligatoriamente in questo caso) le scarpe.
All’ingresso sono tentato di prendermi un bel Tempura Udon (che non ho avevo ancora mangiato) ma, guardando le riproduzioni in cera, l’immagine di un bel fungo shiitake nella ciotola adiacente sembra dirmi “Ordina me! Ordina me!”. E così … che Kayaku Udon sia!
Una volta rifocillatomi posso tornare a Kyoto dove, una volta arrivato, mi rendo conto del fatto che sia troppo presto per recuperare i bagagli e tornare in stazione, ma anche troppo tardi per fare qualunque altra cosa. E così decido di fermarmi nel classico Starbucks che mi aveva respinto alla mattina e sperimentare la novità del momento: il Tiramisù Frappuccino, che nel mio caso ordinerò nella versione “white”. Mi siedo proprio davanti alla vetrata dove, essendo di fronte alla stazione di sabato pomeriggio, posso osservare il notevole andirivieni di gente. Proprio davanti a me c’è una ragazza intenta nella tipica consegna di fazzoletti/volantino e io resto ad osservarne piacevolmente la tecnica. 

Col braccio sinistro tiene, a mo’ di borsetta, un sacchetto di carta contenente la scorta di pacchettini e il sacchetto è appositamente strappato sulla parte alta di un lato per rendere più agevole l’inserimento dell’altro braccio per recuperare i fazzoletti. Osserva con attenzione la gente che si avvicina selezionando i potenziali destinatari (io, in quanto Gaijin, sono quasi sempre stato ignorato da questi distributori di volantini) e in base al fatto che si tratti di un singolo, una coppia o un trio si prepara velocemente il corretto numero di pacchetti nella mano. A questo punto imposta il sorriso e porge con la massima gentilezza i pacchetti ai passanti.
Nell’osservare questa perfetta tecnica e metodicità mi viene da pensare ad un eventuale addestramento “militare” fatto subito dopo l’assunzione da qualche senpai del volantinaggio, ma forse mi sto facendo troppo condizionare dall’immagine stereotipata dei lavoratori giapponesi … o forse no.

Finito il mio frappuccino ho ancora qualche minuto da perdere e così mi faccio un giretto all’interno nell’immenso Yodobashi di 5 piani che è comparso in questi anni proprio sotto la Kyoto Tower. E’ assolutamente impressionante vedere l’immensità e l’assortimento di un negozio del genere.
Cose che un singolo reparto (non dico piano, solo reparto) è più o meno grande come un intero dei nostri negozi Mediaworld.
Nel frattempo si è fatta un’ora che mi permette di recuperare i bagagli con calma senza poi restare in stazione ad aspettare il treno per ore. Arrivo al Ryokan dove saluto con malinconia il gentilissimo personale, tra cui le ragazze sempre vestite di sgargianti kimono. Non ho approfondito, ma presumo si tratti di un’imposizione della proprietà per far sentire maggiormente l’atmosfera tradizionale di Kyoto ai turisti. Eppure a loro non sembra dispiacere affatto e lo portano con stile. Foto ricordo e via, molto lentamente, verso la stazione!
Del viaggio di ritorno verso Tokyo ricordo alcuni particolari: il bambino nel sedile di fianco che ogni tanto mi osservava incuriosito finché non gli ho regalato un pacchettino di Oreo Stick, la noia nel tratto finale del viaggio (anche qui senza scarpe)  e il mio innamoramento per la (troppo professionale) hostess che passava con il carrellino delle bibite XD .
Sono le 19 circa e, dopo qualche giorno, rieccomi nuovamente a Ueno.  Questa volta il Ryokan è a soli 10 minuti a piedi, all’altezza della fermata di Inaricho. La stanza è più piccola ed essenziale delle precedenti ma ha comunque tutto quello di cui si potrebbe aver bisogno, l’unica cosa fastidiosa è il leggero odore di umidità all’interno.  Ma devo assestarmi in fretta perché da lì a poco sarei dovuto uscire col mio vecchio amico Ernesto con cui ero finalmente riuscito ad accordarmi nei giorni prima.   
Gli vado incontro visto che poi saremmo comunque dovuti tornare in direzione Ueno e, su mia richiesta, cerchiamo un locale dove assaporare Yakiniku così come accadde nel nostro incontro a Tokyo di qualche anno prima. Diciamo che ho anche voluto approfittare della sua presenza  perché da solo avrei avuto notevoli problemi nel selezionare i vari tagli di carne e quindi rinunciare a quella prelibatezza. Dopo tanto tempo che non ci si vede le cose da raccontarci non mancano anche se, come facciamo quasi sempre, finiamo a parlare di musica per la maggior parte del tempo. E così, tra una chiacchiera e l’altra mettiamo i pezzetti di carne marinata sulla brace  posta al centro del tavolo e i piatti lentamente si svuotano … così come i boccali di Asahi :P

Dopo la piacevole serata lo accompagno alla metro e, visto che son lì, ne approfitto per farmi una tessera PASMO che mi verrà sicuramente utile nei prossimi giorni di permanenza a Tokyo. Ci salutiamo e restiamo d’accordo per risentirci l’indomani per vedere se riusciamo a vederci in giornata.


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